Biografia e cronologia delle opere di Ludwig van Beethoven: 1792
A cura di Daniele Scarpetti
Il 1792 fu l’anno decisivo per la vita e la carriera musicale di Beethoven: il 2 novembre, infatti, lasciò Bonn per recarsi a Vienna, dove arrivò il 10 dello stesso mese. Il motivo di questo trasferimento fu che in luglio Haydn, di ritorno a Vienna dall’Inghilterra, si fermò a Bonn; Beethoven si recò a rendergli omaggio e “papà Haydn” – così chiamato prima da Mozart e poi dallo stesso Beethoven – propose al giovane compositore di trasferirsi nella capitale asburgica per ricevere lezioni da lui. La partenza fu caldeggiata e favorita dall’intermediazione dell’amico e protettore conte Ferdinand von Waldstein presso il principe elettore Maximilian Franz.
Già da fine ottobre Beethoven cominciò a prepararsi per partire portando con sé alcuni spartiti di sue musiche ancora abbozzate e di altre già composte. Fu a tal proposito che scrisse una lettera[1], poco prima di partire, a Stephan von Breuning: «A proposito di quanto mi dicesti ieri circa la restituzione della mia musica non occorre più che me la rimandi tutta: basta che possa rientrare in possesso delle variazioni su un lied del Cappuccetto Rosso e un piccolo rondò, che inviai alla Sig,na Lorchen[2]. (…) prima di partire verrò ancora a trovarvi.».[3]
Molte di quelle musiche furono poi riviste e molti di quegli abbozzi diventarono opere compiute a Vienna.
Le cose più preziose che Beethoven portò con sé, però, furono le lettere di presentazione fornite da von Waldstein, che gli aprirono le porte delle case dell’aristocrazia viennese. In particolare, lo introdussero presso il principe Karl Alois Lichnowsky – già precedentemente amico e protettore di Mozart – che divenne un grandissimo amico e soprattutto il principale mecenate a Vienna di Beethoven fino al 1806, quando i due litigarono; egli sostituì, in pratica la figura del conte Ferdinand von Waldstein
Qui riportiamo una affermazione, poco attendibile di Karl Czerny che fu allievo di Beethoven dal 1801 al 1804: (…) il principe Lichnowsky lo ha portato qui dalla Germania alcuni anni fa perché prendesse lezioni da Haydn (…)».[1]. Czerny, però, riferisce cose che gli furono raccontate da suo padre ed il risultato è una sovrapposizione di fatti che, in realtà, sono successi in momenti diversi.
Prima della partenza di Beethoven, fra il 24 ottobre e l’1 novembre, la famiglia Degenhardt, amica del compositore – il padre era un funzionario della corte di Bonn ed il figlio, Joseph un giurista e flautista dilettante – come da tradizione dei paesi germanici, organizzò una festa di commiato e gli offrì uno Stammbüch (libro dei ricordi), dove tutti gli amici scrissero qualcosa, rendendogli così una testimonianza di affetto, di saluto e di augurio per un glorioso e grandioso futuro.
La più celebre e propiziatoria fra queste testimonianze fu quella che scrisse proprio il conte Ferdinand von Waldstein il 29 ottobre: «Caro Beethoven! Partite ora per Vienna a coronamento dei vostri desideri così a lungo non soddisfatti. Il genio di Mozart è ancora in lutto e piange la morte del suo allievo. Ha trovato rifugio, ma non occupazione, presso il fecondissimo Haydn; attraverso di lui, esso desidera essere unito ancora una volta a qualcuno. Con uno zelo ininterrotto ricevete lo spirito di Mozart dalle mani di Haydn.».[4]
Spicca anche lo scritto di Karl August von Malchus, scrittore di scienze politiche e statista, cui Beethoven si legò molto in quell’anno: «Il cielo, mio amato, lega i nostri cuori con un legame indissolubile – e solo la morte può separarlo. – Dammi la mano, il mio sogno, e così per l’obiettivo della vita. Il tuo Malchus.».[5]
Anche Eleonore Von Breuning scrisse su quell’album: «L’amicizia con il buono / Cresce come l’ombra della sera/ Finché tramonta il sole della vita. /Herder/. Bonn, 1 novembre 1792. La vostra vera amica Eleonore Von Breuning.»[6]
Al momento della partenza di Beethoven, l’Austria era in guerra con la Francia e già il 22 ottobre, Maximilian Franz fu costretto a lasciare temporaneamente la corte di Bonn perché le truppe francesi avevano invaso la città. La guerra non toccò invece Vienna e infatti, sul diario che Beethoven tenne in quel periodo, non c’è alcun accenno al conflitto.
La sera dell’1 novembre tutti gli amici si ritrovarono allo Zehrgarten per salutare il giovane compositore. I grandi assenti furono però i familiari di Beethoven: il padre, probabilmente già molto ammalato e i due fratelli.
Il giorno dopo Beethoven partì in compagnia dell’oboista Georg Libisch per il quale egli aveva recentemente composto un Concerto per oboe e orchestra.
Arrivato a Vienna prese immediatamente contatto con Haydn cominciando fin da subito le lezioni che si tennero due volte alla settimana in casa del suo nuovo maestro.
I primi problemi cui dovette far fronte Beethoven al suo arrivo a Vienna, furono il trovare una dimora che avesse un costo proporzionato alle sue finanze, un fabbricante di parrucche, un pianoforte e un maestro di ballo.
Quello della casa fu un problema che accompagnò tutta la vita di Beethoven. Già a Bonn la famiglia d’origine cambiò spesso dimora e a Vienna il compositore ne cambiò più di 60: una media di più di due all’anno. Al suo arrivo alloggiò in una mansarda in casa del principe Lichnowsky e poi in uno stanzino al pianterreno. Il 18 dicembre, quasi in coincidenza con la data del suo ventiduesimo compleanno, il padre Johann morì. Ludwig, questa volta, non tornò a casa come fece in occasione della morte della madre. Sembra che il principe elettore Maximilian Franz, qualche tempo dopo la sua morte abbia pronunciato queste parole: «Le entrate dalle tasse degli alcolici sono bruscamente calate dopo la recente morte del tenore Johann van Beethoven»[7] .
Quel che colpisce ulteriormente è che nel diario di Beethoven non ci sia alcun riferimento alla morte del padre e non sappiamo nemmeno quando, in realtà, lui lo avesse veramente appreso.
[1] Lettera n. 5 da: Ludwig van Beethoven. Epistolario volume I 1783-1807. A cura di Sieghard Brandeburg. Skira editore
[2] Soprannome con cui veniva chiamata Eleonore Von Breuning
[3] Ludwig van Beethoven. Epistolario volume I 1783-1807. A cura di Sieghard Brandeburg. Skira editore
[4] Die Stammbücher Beethoven und der Babette Koch. Beethoven – Haus Bonn 1995.
[5] Die Stammbücher Beethoven und der Babette Koch. Beethoven – Haus Bonn 1995.
[6] Die Stammbücher Beethoven und der Babette Koch. Beethoven – Haus Bonn 1995.
[7] Gerhard von Breuning: Ludwig van Beethoven nei miei ricordi giovanili. SE editore
Eleonore von Breuning e Ludwig van Beethoven
Un approfondimento sul loro rapporto
A cura di Daniele Scarpetti
Mi soffermo ad analizzare quello che potrebbe essere stato realmente il legame che unì il giovane Beethoven e la sua prima allieva nonché amica fin dalla adolescenza. Gerhard von Breuning, figlio di Stephan e nipote di Eleonore, affermò che fra di loro solo «(…) ci fu sempre un ardente, imperituro vincolo d’amicizia, e null’altro; (…)».[1]
Con questa frase il discorso potrebbe essere già esaurito ed è dunque giusto, da parte mia, premettere che quanto scriverò da questo momento in avanti sull’argomento, è di carattere assolutamente speculativo.
La frase scritta da Eleonore sullo Stammbüch “La vostra vera amica” di seguito alle strofe tratte da una poesia di Johann Gottfried Herder, mi induce a pensare che ci sia stato ben altro sentimento fra loro, un sentimento rimasto nascosto .
Ad avvalorare questa mia idea sono le uniche due lettere che Beethoven scrisse ad Eleonore. La prima[1] è giunta a noi incompleta, in quanto manca il foglio iniziale con due pagine scritte, probabilmente distrutto dalla stessa Eleonore. Nella prima edizione curata da Emily Anderson fu datata giugno 1794 e dunque, se così fosse, sarebbe stata scritta a Vienna. La revisione avvenuta nel nuovo recente epistolario l’ha però retrodatata in quanto: «La data risulta dal testo. Nell’indirizzo manca l’indicazione del luogo; da ciò e da altri indizi si deduce che la lettera fu scritta ancora a Bonn e non venne affidata alla posta.(…)».[2] Ad un certo punto Beethoven scrisse, riferendosi ad Eleonore: «(…) Lei si reca ora a Kerpen (…)»,[3] luogo dove un suo zio aveva un possedimento e dove spesso ella si recava per passare l’estate. Da questo indizio, ne consegue che la lettera fu scritta all’inizio di quella stagione, nel 1792. Il compositore ringraziò Eleonore che gli aveva spedito un: «(…) collarino confezionato dalle sue mani (…)»[4] e questo perché non sperava più di essere ancora da lei: «(…) degno di essere ricordato (…)».[5]
Pare dunque del tutto evidente che fra loro ci fosse stato un grosso litigio: ne ignoriamo il motivo perché, come già detto, la lettera ci è pervenuta incompleta. In questo episodio fu coinvolta anche la mamma di Eleonore, Helene von Breuning perché ad un certo punto Beethoven scrisse: «(…) La prego ora di credere, per quanto poco degno di fede possa apparire ai suoi occhi amica mia (lasci che continui a chiamarla così), che ho molto sofferto e tuttora soffro per la perdita della sua amicizia. Non potrò mai dimenticare né lei né la sua cara madre, siete state così buone verso di me che la vostra perdita non potrà mai essere compensata, so quel che ho perduto, e che cosa eravate per me (…)».[6]
Abbiamo già detto come il compositore era da sempre solito lasciarsi andare a dei veri e propri raptus di ira anche in quella casa ed abbiamo anche detto come da parte di Helene von Breuning ci fosse sempre stata verso di lui comprensione e indulgenza. Sorge spontaneo dunque domandarsi: cosa fu che fece la differenza in quest’ennesimo litigio che avvenne probabilmente entro la primavera del 1792? Piero Buscaroli, sempre assai malizioso su questi argomenti ha scritto: «(…) Forse fu un’accostata corporale troppo decisa, forse una vanteria del ragazzo con altri che la fece conoscere in giro. (…)».[7] Possiamo forse supporre che dietro a questo litigio ci fu quel sentimento, inconfessato e inconfessabile, d’amore fra i due giovani. Ovviamente non vi sono certezze; quello che è sicuro è che Beethoven si mostrò nel tono dello scritto molto remissivo e pentito sia nei confronti di Eleonore che di sua madre per quello che era accaduto ed è lecito supporre che il motivo scatenante, con tutte le sue conseguenze, fu un episodio più spiacevole del solito.
Proviamo a vedere ora la lettera[8] – fu la sola dalla capitale asburgica – che Beethoven spedì il 2 novembre 1793 ad Eleonore.
Così inizia: «Gentilissima Eleonore, mia carissima amica (…)»[9] e qui, devo però già notare che invece questo stesso inizio nel libro degli appunti biografici di Franz Gerhard Wegeler, è stato così tradotto: «Mia adorata Eleonore! Mia carissima amica! (…)».[10] Ci troviamo indubbiamente di fronte ad una differenza lessicale enorme.
Nel testo originale Beethoven scrive: “Berehungswürdige Eleonore” (in italiano “degna dei più alti ossequi”), formula familiare usuale in quegli anni.
Nella lettera Beethoven continua: «(…) ho già trascorso un anno intero qui nella capitale e solo ora Le mando una lettera, ma ciò non significa che non l’abbia continuamente tenuta presente e viva nei miei pensieri. Quante volte mi sono intrattenuto con Lei e la Sua cara famiglia, anche se per lo più non con quella serenità che avrei desiderato. Ho sempre davanti agli occhi la fatale disputa del mio comportamento, in tale occasione mi appare esecrabile, ma che farci; cosa non darei per poter cancellare completamente dalla mia vita il modo in cui ho agito, tanto indegno di me e in contrasto con il mio abituale carattere. Certamente sono state anche le circostanze a creare fra noi una distanza e sospetto che qualcuno abbia riportato le cose che ci siamo detti l’uno contro l’altra, impedendo così ogni possibilità di riconciliazione. Ciascuno di noi credeva di essere convinto di quel che diceva e invece erano solo riflussi d’ira ed entrambi ci ingannavamo.(…)».[11]
Fu dunque un malinteso che provocò la lite, ma su cosa? Penso che si possa ipotizzare, viste le reazioni e le conseguenze, che potessero essere implicati sentimenti e gelosie inconfessate: come abbiamo già visto, in quegli anni, Beethoven sembrò innamorarsi di tutte le ragazze che frequentavano casa von Breuning e mai dimostrare interesse diretto verso Eleonore.
Appare, quanto meno assai strano che Beethoven, a distanza di più di un anno da quegli eventi, nell’unica lettera scritta ad Eleonore, sentisse ancora il bisogno di rivangare questi fatti e di affermare, quasi a volerne essere certo, che: «(…) Il suo carattere buono e nobile mi garantisce, cara amica, che mi ha perdonato da molto tempo (…)»,[12] in quanto, la dimostrazione di quel perdono era già insito in maniera assolutamente esplicita nelle righe da lei scritte nello Stammbüch. E allora perché questa continua insistenza da parte di Beethoven su cose ormai sicuramente superate e chiarite?
Beethoven unì nella lettera una: «(...) dedica relativa ad un’opera che vorrei più importante e più degna di Lei.(…)».[13] L’opera in questione furono le Dodici variazioni sul tema “Se vuoi ballare dall’opera di Wolfgang Amadé Mozart da “Le nozze di Figaro” per pianoforte e violino in fa+ e, il fine di questa dedica fu il: «(…) servire a richiamarLe un poco alla memoria il tempo in cui trascorrevo tante ore beate nella Sua casa e a mantenermi vivo nel suo ricordo, fino a quando un giorno ritornerò, il che non sarà però troppo presto, che gioia sarà per entrambi, mia gentilissima amica. Ritroverà nel Suo amico un uomo più allegro, sul cui volto il tempo e un destino migliore hanno cancellato le tracce di un passato spiacevole.(…)».[14]
Commuovono assai queste parole perché, come sappiamo, le cose andarono ben diversamente; quello che però continuo a leggere fra queste righe, è un sentimento che andò ben oltre l’amicizia che pur sicuramente ci fu.
Ma allora, se così è veramente stato, perché non accadde fra loro nulla? A parte quello che ho già riportato della biografia beethoveniana di Piero Buscaroli, nelle altre biografie più importanti il discorso viene sostanzialmente marginalizzato; l’unica – almeno fra quelle a mia conoscenza – che sostanzialmente sposa la mia tesi è una vecchia e ormai scordata di Nino Salvaneschi, risalente al 1947: «(…) Molti si chiederanno come mai questo idillio sbocciato nei primi anni dell’adolescenza, sotto i segni della simpatia istintiva e della divina armonia, non fiorì nell’amore. Indubbiamente Lorchen e Ludwig per la loro età e gli identici gusti dell’arte e della letteratura, dovettero sentirsi attratti reciprocamente. Ma la diversità dei caratteri e dell’educazione, la timidezza di lei e la scontrosità di lui e, forse più di tutto, certi singolari atteggiamenti dell’adolescenza, impedirono ai giovani di far germogliare quanto probabilmente fu un inconscio sogno per entrambi. (…)».[15]
Sempre nella lettera da Vienna, dopo tutta la malinconia verso Eleonore espressa, bruscamente e improvvisamente, con un punto e a capo, il compositore scrisse: «(…) Se dovesse vedere B. Koch, la pregherei di dirle che non è bello da parte sua non scrivermi mai nulla. Io le ho scritto due volte (…)».[16]
È un passo molto sintomatico di quello che era il carattere di Beethoven: sembra quasi che si fosse accorto di essersi lasciato andare troppo nei confronti di Eleonore e, per riportare le cose ad una dimensione a lui più consona, spostasse il discorso su quello che fu il suo ultimo amore infruttuoso di Bonn, affermando che a quella donna aveva già scritto ben due volte – mentre ad Eleonore una sola – senza ricevere alcuna risposta. Queste lettere, se veramente scritte, non sono state conservate: quello che per noi rileva, però, è il fatto che Beethoven ne scrisse ad Eleonore. Questa è una delle innumerevoli dimostrazioni che Beethoven preferì sempre concentrarsi su amori impossibili e penso che, oltre alle motivazioni descritte da Nino Salvaneschi, soprattutto per questo motivo, Beethoven non affrontò l’amore che provò verso Eleonore.
Probabilmente Eleonore sarebbe potuta essere veramente quella: «(…) donna con sentimenti e doti spirituali assolutamente eccezionali (…)»[17] che Gerhard von Breuning pensò fosse necessaria ad un uomo come Beethoven ed è sintomatico e contradditorio che fu lui stesso, dopo aver scritto che fra loro ci fu solo amicizia, abbia poi anche affermato «(…) ella come “Leonore” ha influito anche sul primo battesimo della sua opera; (…)».[18] Come si sa, il Singspiel Leonore-Fidelio è, fra le altre cose, un inno all’amore coniugale e, se lo colleghiamo a questa ipotesi fatta da Gerhard von Breuning, dobbiamo inevitabilmente domandarci perché, ben dodici anni dopo dalla sua partenza da Bonn, Beethoven pensasse ancora ad Eleonore come moglie perfetta.
Comunque siano andate le cose, Eleonore sposò invece il dottor Franz Gerhard Wegeler, il primo e migliore amico di Beethoven a Bonn. Il loro matrimonio fu celebrato il 27 marzo 1802, dopo tanti anni che i due si frequentavano: si trattò sicuramente di un amore che sbocciò assai tardivamente. Si trasferirono poi nel 1807 a Koblenz e lì ebbero due figli, una femmina ed un maschio.
A parte una parentesi in cui Franz Gerhard Wegeler visse anche lui a Vienna (1794 – 1796), la corrispondenza con Beethoven fu assai rara. Abbiamo però la testimonianza di due lettere scritte il 28 e 29 dicembre 1825, una dallo stesso Wegeler e l’altra da Eleonore.[19] Da quest’ultima si apprende che fu lei a sollecitare l’avvio di questa nuova corrispondenza interrotta ormai da anni: «Da gran tempo, caro Beethoven, desideravo che Wegeler riprendesse a scriverLe – ora che questo desiderio si è realizzato ritengo di dover aggiungere ancora qualche parola – non solo affinché Lei si ricordi meglio di me ma per ripetere la domanda cruciale se non prova affatto la voglia di rivedere il Reno e i luoghi della Sua infanzia. (…)».[20] Quello che a me appare assai chiaro in queste righe è che, al di là di tutto il resto, la priorità assoluta di Eleonore fosse sapere se Beethoven pensava ancora a lei.
Beethoven rispose[21] solo un anno dopo a queste lettere, ma la missiva fu spedita solo il 17 febbraio 1827, poco più di un mese prima della sua morte. Destinata a Wegeler c’è però in essa un riferimento assai importante e, ancora una volta, assai rivelatore dei suoi sentimenti riguardo Eleonore: «(…) Ho ancora la silhoutte[22] di Lorchen, da cui puoi vedere quanto preziosi siano ancora per me i cari amati ricordi della mia giovinezza.(…)».[23]
[1] Gerhard von Breuning: Ludwig van Beethoven nei miei ricordi giovanili. SE editore
[2] Gerhard von Breuning: Ludwig van Beethoven nei miei ricordi giovanili. SE editore
[3] Le numero 2100 e 2101 dell’Epistolario di Ludwig van Beethoven. Volume VI 1825 -1827. A cura di Sieghard Brandeburg. Skira editore
[4] Ludwig van Beethoven. Epistolario volume VI 1825 -1827. A cura di Sieghard Brandeburg. Skira editore
[5] Numero 2236 dell’Epistolario di Ludwig van Beethoven. Volume VI 1825 -1827. A cura di Sieghard Brandeburg. Skira editore
[6] «Le silhoutttes di tutti i membri della famiglia von Breuning e degli amici più intimi furono realizzate in due serate dal pittore Neesen a Bonn (…) Beethoven poteva avere allora sedici anni.» Franz Gerhard Wegeler – Ferdinand Ries: Beethoven. Appunti biografici dal vivo. Editore Moretti & Vitali
[7] Ludwig van Beethoven. Epistolario volume VI 1825 -1827. A cura di A cura di Sieghard Brandeburg. Skira editore
[8] Ludwig van Beethoven. Epistolario volume I 1783-1807. A cura di Sieghard Brandeburg. Skira editore
[9] Ludwig van Beethoven. Epistolario volume I 1783-1807. A cura di Sieghard Brandeburg. Skira editore
[10] Ludwig van Beethoven. Epistolario volume I 1783-1807. A cura di Sieghard Brandeburg. Skira editore
[11] Ludwig van Beethoven. Epistolario volume I 1783-1807. A cura di Sieghard Brandeburg. Skira editore
[12] Nino Salvaneschi: La vita eroica di Beethoven. Dall’oglio editore
[13] Ludwig van Beethoven. Epistolario volume I 1783-1807. A cura di Sieghard Brandeburg. Skira editore
[14] Lettera n. 4 dell’Epistolario di Ludwig Van Beethoven volume I 1783-1807. A cura di Sieghard Brandeburg. Skira editore
[15] Ludwig van Beethoven. Epistolario volume I 1783-1807. A cura di Sieghard Brandeburg. Skira editore
[16] Ludwig van Beethoven. Epistolario volume I 1783-1807. A cura di Sieghard Brandeburg. Skira editore
[17] Ludwig van Beethoven. Epistolario volume I 1783-1807. A cura di Sieghard Brandeburg. Skira editore
[18] Ludwig van Beethoven. Epistolario volume I 1783-1807. A cura di Sieghard Brandeburg. Skira editore
[19] Ludwig van Beethoven. Epistolario volume I 1783-1807. A cura di Sieghard Brandeburg. Skira editore
[20] Piero Buscaroli: Beethoven. Rizzoli editore
[21] Lettera n. 11 dell’Epistolario di Ludwig Van Beethoven volume I 1783-1807. A cura di Sieghard Brandeburg. Skira editore
[22] Ludwig van Beethoven. Epistolario volume I 1783-1807. A cura di Sieghard Brandeburg. Skira editore
[23] Franz Gerhard Wegeler – Ferdinand Ries: Beethoven. Appunti biografici dal vivo. Editore Moretti & Vitali
Cronologia delle opere di Ludwig van Beethoven: 1792
A cura di Daniele Scarpetti
- WoO 9 Minuetti (6) Per due violini e basso
- Unv. 21 Traute Henriette, abbozzo di Lied per voce e piano. (Già Hess 151)
- WoO 211 Andante in do maggiore per pianoforte (Già Biamonti 52)
- WoO 25 Rondò per 2 oboi, 2 clarinetti, 2 corni e 2 fagotti in mib maggiore
- Opus 103 Ottetto per 2 oboi, 2 clarinetti, 2 corni e 2 fagotti in mib
- WoO 66 Tredici variazioni per pianoforte su “Es war einmal ein alter Mann”
- WoO 41 Rondò per Pianoforte e Violino in sol maggiore
- Opus 44 14 variazioni in mib per trio su “Ja ich muss mich von ihr Scheiden”
- WoO 114 Lied in mi maggiore “Selbstgespracht: Ich, der mit flatterndem Sinn“
- Biamonti 50 Schizzo per un Lied “Die Schwester der Schicksal ”